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mercoledì 26 febbraio 2014

4. L'EGITTO, DALLA PRIMAVERA ARABA ALL’AUTUNNO ISLAMICO - Prima Parte



La Storia ha spesso dimostrato che tutto quello che avviene in Egitto successivamente si diffonde nel resto del mondo arabo: effettivamente la Rivoluzione egiziana di questo ultimo biennio è stata la punta avanzata di una crisi che sta attraversando tutto il mondo islamico, che ha avuto inizio con la Primavera araba. La Primavera Egiziana infatti è parte di quella più generale Primavera i cui moti di rivolta, di carattere inizialmente laico, iniziati in Tunisia alla fine del 2010, sono proseguiti in Egitto nei primi mesi del 2011, propagandosi poi con effetto domino in altri Paesi Arabi. La Primavera egiziana è sembrata giungere inattesa: in realtà non avrebbe dovuto sorprenderci, anche se un atavico e fisiologico fermento sociale che ha sempre permeato il mondo arabo, appariva costantemente frenato da un immobilismo politico, prodotto da una diffusa rassegnazione della gente a subire, come una condizione inevitabile, grandi discriminazioni sociali e sistemi giudiziari caratterizzati dall’arbitrio. Tuttavia negli ultimi tempi stava crescendo la sensibilità nei confronti della necessità di una trasformazione della società in senso pluralista e democratico. Questo emerse in maniera evidente in questi moti, che ebbero moventi inizialmente laici, che possono essere sinteticamente riassunti nel diffuso malessere per una società cristallizzata su posizioni antidemocratiche e caratterizzata da una inaccettabile diseguaglianza nella distribuzione delle ricchezze. Pertanto i manifestanti all’inizio non scesero in strada in nome dell´Islam, ma i loro slogan inneggiavano ai valori universali della dignità, della giustizia e della libertà. Sono mancate conseguentemente quelle manifestazioni anti-occidentali (soprattutto anti-americane e anti-israeliane) emerse in precedenti rivoluzioni islamiche, che avevano accreditato l’immagine di un mondo musulmano compatto nell’essere contrapposto all’occidente. E’ difficile ipotizzare il futuro dell’Egitto, il cui scenario è caratterizzato da componenti contrapposte, e, in particolare, dai militari, da sempre molto influenti nei momenti cruciali del Paese, dai Fondamentalisti islamici e dal blocco laico. Nessuno di questi schieramenti ha avuto la forza per prevalere sugli altri e determinare nel Paese una svolta in grado di farlo uscire dalla profonda crisi economica e istituzionale. A rendere più complessa la situazione contribuisce la divisione interna fra gli stessi islamici: alla fazione salafita, più integralista, si contrappone quella relativamente più moderata, rappresentata dai Fratelli Musulmani. Archiviato il regime autocratico e corrotto di Mubarak, che aveva afflitto la popolazione con povertà, soprusi e disoccupazione, i militari, dopo le dimissioni repentine del raìs, hanno inizialmente mostrato l’aspetto di un potere garante delle nuove istanze di democraticità, progresso, libertà e giustizia, che la classe media emergente reclamava nelle manifestazioni di piazza; poi hanno intrapreso una politica autoritaria, rivelando il loro vero volto. Le Forze Armate hanno cominciato a reprimere le proteste sottoponendo inoltre a giudizio davanti a tribunali migliaia di oppositori: contemporaneamente è sembrato che le parti laiche, che avevano animato la Rivoluzione, progressivamente uscissero di scena, cedendo il passo a quelle istanze fondamentaliste che hanno costituito il presupposto per l’ascesa del presidente Morsi, il quale, dopo aver dichiarato di voler essere il presidente di tutti gli egiziani, su probabili pressioni della Fratellanza Musulmana ha conferito al suo governo un’impronta sempre più fondamentalista. Morsi, primo presidente civile e islamico dell'Egitto democraticamente eletto, dando una svolta autoritaria al suo regime con l’auto-attribuzione di poteri che conferivano una particolare forza alle sue iniziative istituzionali e lo rendevano immune da controlli giurisdizionali, ha rapidamente cancellato la propria legittimità: eletto democraticamente, non è riuscito a governare democraticamente. La reazione della componente laica, risvegliata dalla svolta autoritaria del Regime, ha contribuito a spingere l’esercito verso la destituzione di Morsi, un vero golpe se si considera che il Presidente aveva conseguito questa carica a seguito di libere elezioni. I manifestanti, per evitare di essere delegittimati dal dilagante clima integralista, hanno ritenuto opportuno precisare nel corso delle manifestazioni di piazza di essere rivoluzionari e non infedeli. Il Paese continua ad essere spaccato tra la componente laica e la componente fondamentalista, mentre l’esercito, sempre ambiguo nelle sue scelte, ha la forza per imporre dei cambi di rotta che tuttavia sembrano finalizzati esclusivamente alla protezione dei privilegi della casta militare. L’Unione Europea in questa crisi ha sempre svolto un ruolo debole, con posizioni interlocutorie e prudenti, forse preordinate al malcelato fine di non incidere su equilibri sui quali trovano fondamento gli interessi che singoli Stati hanno nel Paese. Nel mondo arabo la sponda fondamentalista islamica egiziana trova un sostegno nella solidarietà dell’Arabia Saudita, mentre il Qatar sembra capofila di un appoggio esterno alla parte islamica moderata. 


 (continua con la seconda parte la prossima settimana)